Penso che sia una bella soddisfazione lasciare a tuo figlio qualcosa in cui hai messo passione e impegno per una vita.
Non essendo genitore non posso parlarne per esperienza personale, ma forse non è un male: può uscirne qualche osservazione libera da coinvolgimento emotivo – quando si parla di un figlio le emozioni frullano a mille! – e una nuova prospettiva da cui vedere questo processo.
Parto dal presupposto che se sei genitore tu voglia il meglio per tuo figlio, evitandogli il più possibile le grane che tu hai affrontato o stai affrontando e facendogli raggiungere traguardi ai quali magari tu non sei arrivato.
È umano e, se mi trovassi nella tua situazione, molto probabilmente lo farei anch’io.
Ma gli effetti di questo atteggiamento protettivo possono tornarti indietro come un boomerang che ti colpisce in piena fronte (hai presente la scena del “Ciclone” di Pieraccioni?)
Cosa vedo in giro
- Vedo ragazzi che interrompono gli studi o frequentano scuole dalla promozione più o meno assicurata per dedicarsi esclusivamente all’attività sportiva. Non che l’attuale formazione scolastica dia delle grandi sicurezze sul futuro lavorativo, soprattutto quando non c’è l’interesse verso lo studio. Per di più, e questo lo so bene, quando hai la passione per i cavalli, vorresti solo stare in mezzo a loro.
- Vedo ragazzi che si dedicano solo a montare a cavallo, presso la propria scuderia o da un tecnico/cavaliere/commerciante. Ottimo! Se non fanno esperienza da giovani non hanno chance di emergere come cavalieri. Se poi vanno all’estero, l’esperienza aumenta ancora di intensità.
- Vedo che molto raramente i figli partecipano alla gestione della scuderia. Certo, se c’è da passare il trattore, da scaricare il mangime o da fare qualche box, non si tirano indietro. Queste però sono attività pratiche.
Io mi riferisco alla gestione della scuderia come azienda. Senza troppi giri di parole: far quadrare i conti.
È la parte meno gratificante, quella che anche te genitore eviteresti volentieri, quella che spesso ti porta a stare dietro una scrivania o andare dal commercialista, quella che ti fa discutere con un dipendente, è scegliere un fornitore e controllare che non ti freghi, è prendere una decisione cercando di prevedere dove ti porterà, è relazionarti con i soci e affrontare le loro paturnie.
Montare a cavallo o stare in mezzo al campo a insegnare sono le attività che ti danno soddisfazione, ma sai perfettamente che non bastano a tenere in piedi il centro ippico.
E spesso, proprio perché sai che queste attività sono la parte meno piacevole del lavoro, fai di tutto per evitarle a tuo figlio.
Stai veramente facendo il suo bene?
Il passaggio generazionale è un momento delicato nella vita di un’impresa familiare.
La statistica dice che solo il 25% della aziende sopravvive a questa fase.
Per i centri ippici la percentuale si abbassa.
Preoccupante, vero?
Io ho molta fiducia nelle nuove generazioni. Si parla tanto del loro fancazzismo, della mancanza di ambizione, che non hanno i nostri valori…
“Ai nostri tempi si faceva la gavetta”, “Non hanno umiltà”, “Non sono rispettosi”, “Voglio arrivare senza faticare”.
Frasi che circolano, luoghi comuni…
Ok, ci sono fannulloni in circolazione, non lo nego, ma perché scaricare tutta la responsabilità su di loro?
Gli hai consentito di non studiare a favore di una full immersion nell’attività sportiva, dando per scontato che fosse impossibile fare l’uno e l’altro.
Se tu avessi fiducia nelle capacità di tuo figlio penseresti che ce la può fare a dedicarsi a entrambe le cose, magari aiutandolo a scegliere un corso anziché una scuola in presenze, imparare una lingua straniera, approfondire una materia che potrà essergli utile nel suo futuro.
Ciò che serve sono costanza, organizzazione e focus.
E questo allenamento è a mio avviso utile quanto quello sportivo per preparare un ragazzo al suo futuro lavorativo.
Lo tieni fuori dalla parte decisionale della gestione
Pensi che come fai le cose te non può farle nessuno? Ha fatto una cappella e così lo hai bollato come un incapace? Fai prima a fare te piuttosto che insegnarglielo? Ti dice che non gliene frega niente e così sorvoli?
In fondo a tuo figlio va bene così, anzi non può andargli meglio! O magari pensa di non essere all’altezza ed evita ogni coinvolgimento.
Però in questo modo lo stai facendo vivere in un mondo ideale, gli fai vedere solo un lato della medaglia e tuo figlio arriverà a sostituirti nella gestione del centro ippico senza una sufficiente preparazione.
Possibili conseguenze (e anche le più frequenti)?
- Qualcuno non se la sente di prendere in mano la scuderia e se la batte a gambe levate.
- Qualcun altro ci si butta di impegno facendo errori, direi inevitabili, che potrebbero compromettere la sopravvivenza del centro ippico.
E poi consentimi di sferrare un altro colpo a favore dei giovani.
Spesso vedo un sistema obsoleto di gestione del centro ippico.
Il mondo lavorativo è in continuo cambiamento. E non mi soffermo su tutti gli aspetti di questo cambiamento. Se te ne sei accorto va bene, se non te ne sei accorto non so cosa suggerirti se non preparare il funerale per il tuo circolo.
Non pensi che un giovane abbia la possibilità di dare una rinfrescata alla gestione? Non potrebbe vedere cose di cui tu non ti accorgi? O avere un punto di vista più attuale?
Certo che se è in sella 10 ore al giorno, se parla solo con i cavalli o di cavalli, probabilmente non ha gli strumenti per intervenire in un cambiamento.
E se alla prima iniziativa non riuscita lo fai sentire una m…a, mi sembra scontato che preferirà non fare piuttosto di rischiare di fare un errore.
A pensarci bene i passi falsi che vedo fare da un genitore con il proprio figlio sono gli stessi che il gestore fa con i collaboratori:
- non coinvolgerli
- non responsabilizzarli
- non formarli.
È il mondo del “Faso tuto mì”. Un mondo senza futuro.
E così sia.
Daniela
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